La pizza a Napoli “era uno schifo” si è evoluta grazie agli Stati Uniti: la difesa di Alberto Grandi sulle sue affermazioni al Financial Times

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Dopo l’intervista al Financial Times che ha scatenato un acceso dibattito sulla tradizione culinaria italiana, Alberto Grandi, docente di economia e storia dell’alimentazione all’Università di Parma e co-autore del podcast DOI – Denominazione di Origine Inventata, si difende e ribadisce le sue opinioni.

Grandi sottolinea che l’identità non va confusa con le radici, poiché l’identità rappresenta ciò che siamo oggi, mentre le radici sono ciò che eravamo nel passato, formate da incroci, contaminazioni e scambi. La storia dell’Italia è, infatti, costituita da emigranti che si sono sparsi in America, Brasile, Belgio e altri paesi.

pizza napoletana - La pizza a Napoli

Il docente sostiene che la cucina italiana contemporanea è il risultato di queste contaminazioni e dell’esperienza di milioni di italiani che hanno viaggiato per il mondo scoprendo nuovi ingredienti. Un esempio emblematico è la pizza: secondo Grandi, fino a quando è rimasta a Napoli, la pizza non era di buona qualità. Tuttavia, una volta giunta a New York, si è arricchita di nuovi ingredienti, come la salsa di pomodoro, diventando l’apprezzata specialità che conosciamo oggi. Senza l’influenza degli italiani in America, questa pietanza potrebbe essere scomparsa.

Rispondendo alle critiche di Coldiretti e Matteo Salvini, l’esperto afferma che l’Italia sta perdendo gran parte della sua identità e cerca di aggrapparsi alla cucina come elemento identitario. Tuttavia, questo non dovrebbe portare a un’ortodossia culinaria grottesca.

Grandi cita anche l’esempio del Parmigiano Reggiano, sostenendo che il cambiamento avvenuto negli ultimi cinquant’anni ha reso il prodotto straordinario. Se in Wisconsin si produce formaggio come un secolo fa, questo non è un merito per lo stato americano, ma piuttosto una colpa. Ciò non significa che sia migliore di quanto prodotto oggi in Italia.

Alberto Grandi ribadisce la sua posizione di storico e sottolinea di aver semplicemente analizzato le origini del Parmigiano dal punto di vista filologico. Comprende le esigenze del marketing, ma il suo mestiere è diverso. Conclude affermando che forse chi lo critica non è così sicuro delle proprie idee se basta così poco a metterle in discussione.

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