La rabbia è tanta e nessuno riesce a placarla. Minneapolis piange la morte di George Floyd, l’afroamericano brutalmente ucciso lunedì sera da un poliziotto bianco.
Tante le reazioni e tanto estreme: si chiede giustizia per un uomo innocente che aveva come unica “colpa” l’essere nero. L’ennesima strage contro loro, una popolazione considerata ancora schiava e indegna da una popolazione bianca privilegiata, nel nostro tanto caro 2020, un periodo storico dove queste atrocità non dovrebbero esistere.
Ma purtroppo ci sono e la morte di quest’uomo, come tantissime vite andate perse per via del colore della loro pelle, suscitano rabbia, frustrazione e malessere nella popolazione.
Da martedì le rivolte sono senza sosta, e proprio ieri il commissariato di Minneapolis è andato in fiamme. Gli agenti avevano precedentemente eretto una recinzione intorno alla stazione di polizia che è stata presa d’assalto da migliaia di manifestanti, abbattendola.
Alcuni di loro sono riusciti ad arrampicarsi e ad appiccare l’incendio all’interno degli uffici. Successivamente il commissariato è stato evacuato “nell’interesse della sicurezza del personale”, viene spiegato.
La Guardia nazionale del Minnesota annuncia la mobilitazione delle sue unità, mentre le tensioni nella capitale non si placano. “Abbiamo attivato più di 500 soldati per Saint Paul, Minneapolis e le comunità limitrofe – si legge nel comunicato – La nostra missione è proteggere le vite, tutelare le proprietà e il diritto a manifestare in modo pacifico”.
Il presidente Donald Trump si esprime sull’accaduto, etichettando come criminali i protestanti che reagiscono alla morte di un innocente. “Non posso sopportare di vedere quanto sta accadendo a una grande città come Minneapolis, una totale mancanza di Leadership”, e continua, attaccando il sindaco: “O il debole sindaco di estrema sinistra, Jacob Frey, si comporta bene e riporterà la città sotto controllo o invierò la Guardia nazionale. Questi criminali stanno disonorando la memoria di George Floyd, e non lascerò che accada”.
Successivamente comunica di aver parlato col Presidente del Minnesota, Tim Walz, e di avergli detto che “l’esercito è con lui fino alla fine”. “Quando iniziano i saccheggi, si inizia a sparare”, conclude Trump.
Le rivolte non si fermano solo a Minneapolis: si sono estese ad altre città, da New York, con trenta arresti, a Denver, dove sono stati sparati dei colpi contro Capitol Hill; da Memphis a Los Angeles.
Si tratta di un movimento spontaneo, che comunica via social ma senza una leadership.
In mezzo, ovviamente, gli attivisti di “Black Lives Matter”, letteralmente “le vite dei neri contano”, ma con loro anche migliaia di cittadini bianchi.
Tra loro, anche criminali abituali che hanno saccheggiato negozi come Target e delle farmacie.
Il sindaco di Minneapolis non riesce a contenere la situazione e ha deciso di contattare Jesse Jackson, ex leader cresciuto con Martin Luther King, che proverà a placare la comunità afroamericana.