Alessandro Impagnatiello, il barman che attirava l’attenzione delle donne, ma che in realtà le disprezzava, secondo gli investigatori. Il mostro che ha ucciso la sua compagna incinta e il loro bambino, o il “lurido”, come veniva chiamato dai colleghi, che rubava soldi dalla cassa del “Bamboo”, il locale chic di Milano, per fare il “sbruffone” con gli amici. Tante facce di una personalità “narcisista criminale”, che verrà meglio definita dallo psichiatra forense Marco Lagazzi dopo l’incontro nel carcere al quinto raggio di San Vittore, dove Impagnatiello è rinchiuso insieme a un altro compagno di cella, sorvegliato a vista dopo aver dichiarato di aver pensato al suicidio come unica conseguenza di un pentimento che, però, al momento, non ha manifestato.
Il silenzio su Giulia e Thiago
Mai una parola d’affetto postumo su Giulia, mai nemmeno su Thiago, il bimbo che lo avrebbe reso papà fra meno di due mesi. Quel nome nemmeno una volta lo ha pronunciato, perché in fondo, il bimbo, “era un grosso ostacolo alla sua libertà di conquistatore”, dicono gli investigatori che lo hanno interrogato per oltre due ore. Quando i pm hanno chiesto se era pronto per cominciare l’interrogatorio che poco dopo lo avrebbe portato al fermo per omicidio della compagna incinta e pure dopo, in quello davanti al gip per la convalida, ha sorriso, si è sistemato i capelli e ha detto sicuro di sé: “Sì, possiamo partire”.
L’interrogatorio e la superficialità
Ed è stato un fiume in piena di orrenda e inquietante superficialità, a partire dall’ormai noto: “Sono stressato dal tenere in piedi due relazioni”. Buona parte di quell’interrogatorio resterà secretato in attesa di ulteriori sviluppi delle indagini, che sono appena iniziate e hanno intanto l’obiettivo di capire se qualcun altro ha avuto un ruolo nell’omicidio, ad esempio nella parte dell’occultamento del cadavere. Se si trattasse di un parente non potrebbe rispondere di favoreggiamento (non è previsto per chi ha legami di sangue), ma risponderebbe di “concorso in occultamento”. Diversa fattispecie se si trattasse di una persona che non è legata da vincoli di sangue con l’assassino.
La rabbia di Impagnatiello e il controllo sui suoi “giocattoli”
In attesa di altre informazioni utili a riqualificare le aggravanti del reato (i pm insistono sulla premeditazione) che verranno anche dall’esito della autopsia, un elemento è emerso chiaramente dagli interrogatori: la rabbia di Impagnatiello per non aver potuto più controllare i suoi due “giocattoli”, l’autonomia esibita, per lui spiazzante, di quelle due ragazze, abituato come era a tenerle sempre lì, tra le dita, raccontando vagoni di bugie. Avevano deciso di incontrarsi, conoscersi, allearsi e metterlo con le spalle al muro. Lui a quel faccia a faccia con le due donne tutte e due incinte, in momenti diversi, una aveva deciso di abortire, non ha avuto il coraggio di partecipare. È fuggito. “Non accettava di essere lasciato”, dicono gli investigatori, e così, “solo uccidendo Giulia e suo figlio, nella sua testa, poteva riprendere in mano la situazione”.