Il sushi è il nuovo stile di vita di tante popolazioni, tra cui la nostra: celebre durante pranzi e cene tra amici, è entrato a far parte delle nostre vite.
Tantissime le varianti, tra cui quella del salmone crudo: apprezzatissima in Italia ed in Giappone stesso, ma non tutti sanno che questa variante è nata in Norvegia.
La Norvegia è la più grande produttrice di salmone in assoluto.
In passato, quando la merce rischiava di restare invenduta a causa della bassa densità di popolazione, si è deciso di esportarla in altri Paesi: così nacque, nel 1985, il Progetto Giappone.
“Impieghiammo dieci anni a entrare nel mercato giapponese”
afferma Bjorn Eirik Olsen, all’epoca responsabile commerciale del progetto.
Prima dell’arrivo dei norvegesi, i giapponesi non erano intenzionati a consumare del salmone crudo: questo perché quello selvaggio delle acque del Pacifico, che veniva consumato cotto, poteva infatti contenere le larve di Anisakis, un parassita tossico per l’uomo.
I norvegesi, però, convissero che il salmone dell’Atlantico, allevato in acque fredde, non rappresentava alcun tipo di rischio per la salute.
Non fu assolutamente facile: “La risposta era sempre la stessa: in Giappone non mangiamo salmone”.
Tuttavia, superata la diffidenza iniziale, il sushi al salmone riscosse un grandissimo successo, tant’è che oggi è il più amato dai giapponesi, più dei grandi classici quali il sushi di tonno o quello di halibut.
Sono le esportazioni stesse a confermarlo: ogni settimana, l’azienda norvegese Leroy, seconda produttrice al mondo di salmone dell’Atlantico, invia tre aerei pieni di salmone verso il Giappone.