Saranno gli ingegneri civili a giocare un ruolo molto importante contro i futuri focolai di Covid-19.
Già da qualche tempo esiste la possibilità di rintracciare materiale genetico del coronavirus negli scarichi fognari, e oggi pare sia più consistente e meritevole di attenzione.
Secondo uno studio in pre-pubblicazione su medRxiv, la presenza di Covid-19 nelle acque reflue di un’area abitata potrebbe denunciare un focolaio epidemico in corso con qualche giorno di preavviso.
L’analisi che è stata svolta nel Connecticut, ha trovato che l’andamento del coronavirus nel fango fognario rispecchiava perfettamente la curva epidemica della malattia in quella zona, rappresentando l’andamento con una settimana di anticipo.
L’idea di utilizzare le fognature come sistemi di biosorveglianza non è nuova: infatti in passato venne utilizzata contro il Poliovirus e il Norovirus (ovvero la gastroenterite). Oggi, viene utilizzata per mappare le sacche mondiali di antibiotico-resistenza.
Stabilito che il Covid-19 si moltiplica anche nel tratto intestinale, ed è presente nelle feci, si pensa che monitorare le acque reflue possa rivelare se in quella determinata zona vi sia un nuovo focolaio in atto. Il metodo, come dimostrato, pare garantisca qualche giorno di vantaggio.
Si è notata una correlazione precisa tra i livelli di Covid negli scarichi, il numero di nuovi casi e di ricoveri. La curva era la stessa, solo anticipata di una settimana. In pratica, un incremento di carica virale nelle acque reflue era visibile 7 giorni prima che si registrasse un aumento del tutto analogo dei casi di coronavirus.
I ricoveri ospedalieri hanno raggiunto il picco tre giorni dopo il picco del livello RNA negli scarichi fognari. Per i ricercatori, questo monitoraggio potrebbe aiutare a non farsi trovare impreparati alle nuove ondate di pandemia, ora che il lockdown sta lentamente terminando.