Non conosciamo la vera differenza tra vita e non-vita, ma abbiamo la possibilità di dare una risposta che include la capacità della vita di preservarsi nel tempo combattendo l’entropia.
Alcuni ricercatori sono andati a fondo, creando una molecola in bilico tra rigenerazione e autodistruzione.
Ma facciamo chiarezza: cos’è l’entropia?
Secondo il principio della termodinamica, si afferma che l’energia termica (cioè il calore) fluisce sempre da un corpo più caldo a uno meno caldo e mai in direzione contraria.
L’energia, quindi, si ridistribuisce finché il sistema costituito dai due corpi raggiunge un equilibrio completo, entrambi hanno la stessa temperatura e non è più possibile il passaggio di calore dall’uno all’altro.
L’entropia può essere definita proprio come la misura del grado di equilibrio raggiunto da un sistema in un dato momento.
Quindi, tornando al discorso, sempre secondo il principio della termodinamica si afferma che l’irreversibilità di molti eventi termodinamici (come quelli legati alla vita) e in definitiva che, col passare del tempo, l’entropia aumenta: non c’è più uno scambio termico, dunque non c’è nulla.
Per esempio, non capita mai che un’auto vecchia funzioni meglio o che tornando a casa, la troviamo più pulita di come l’abbiamo lasciata, o che un uovo si riaggiusti dopo averlo rotto.
Noi però siamo capaci di riordinare la casa e riparare le macchine. Come qualsiasi essere vivente siamo anche capaci di mantenere il complesso meccanismo chimico che ci fa esistere, e ci illudiamo così di poter ingannare la termodinamica, anche se temporaneamente e mutando l’ambiente attorno a noi.
I ricercatori dell’Università di Oxford hanno creato una molecola sintetica in grado di autoreplicarsi e di assumere una forma sempre più complessa.
Come per tutte le forme di vita, il suo funzionamento necessita di un qualche carburante e produce degli scarti.
Il replicante dei ricercatori, ricorda le molecole del sapone o della parete cellulare: da un lato è idrofilo (favorevole all’acqua), dall’altra idrofobo (repellente all’acqua): in mezzo c’è del rutenio, che lega tutto.
La molecola riesce, dunque, a catturare nuovi elementi per espandersi e creare una struttura sferica. Ciclicamente però diventa instabile, e perde pezzi.
Tutto funziona grazie alla metatesi, cioè una reazione di doppio scambio fra molecole. Tolta l’entropia e la termodinamica, è tutto nuovo.
Questo filone di ricerca si è aggiudicato un Nobel per la Chimica nel 2005 per “lo sviluppo del metodo della metatesi nella sintesi organica”. Tredici anni dopo la ricerca continua, ma come ha dichiarato il coordinatore dello studio Stephen Fletches:
“Creare la vita sintetica oggi è impossibile, perché ancora non capiamo esattamente cosa sia la vita”.
“La progettazione e lo studio di modelli sintetici – continua – in cui sono usati elementi costruttivi relativamente semplici per creare sistemi funzionali complessi, aiuteranno a capire come ricreare i comportamenti così lontani dall’equilibrio osservati nella vita”, conclude.