L’iva, ovvero l’imposta sul valore aggiunto, negli ultimi 47 anni è aumentata nove volte: nata con l’iva al 12% nel 1973, oggi è arrivata al 22%.
Gli ultimi aumenti sono stati nel 2011, quando si passò dal 20 al 21% e nel 2013, quando raggiunse il 22%.
Con lo scoppio della pandemia e lo scostamento di 85 miliardi, si fa strada per la prima volta l’ipotesi di un taglio dell’Iva, una misura chiesta a gran voce anche dal Presidente del Consiglio.
“Affinché il taglio sia significativo – spiega Mariano Bella, direttore Ufficio Studi di Confcommercio – e abbia un impatto sull’economia reale, dovrebbe trattarsi di una manovra del valore complessivo di almeno 10 miliardi”.
Le ipotesi sono due: un taglio di tre punti percentuali dell’iva al 22%, che scenderebbe al 19%; un taglio dal 22 al 21% e una discesa di 2-3 punti per l’iva ridotta, quella al 10%.
L’iva ridottissima al 4% è applicata ai beni di prima necessità, con l’obiettivo di rispettare il principio della progressività dell’imposta anche per i beni di consumo, attraverso una tassazione inferiore dei beni necessari e una più elevata di quelli considerati voluttuari.
Ha complessivamente per l’Erario un gettito di circa 4 miliardi e colpisce il 10% a valore del consumo degli italiani.
Molte scelte dei prodotti soggetti ad iva al 4%, però, appaiono in certi casi discutibili.
“Perché tassare i formaggi al 4% e le uova al 10%?”, dice Bella.
I singoli governi nazionali, però, non sono completamente liberi di decidere quale aliquota applicare ai beni di consumo.
“Poiché l’iva è un’imposta di impianto europeo, la Commissione europea può intervenire a favore o contro l’applicazione di una determinata aliquota a una certa classe di beni”, spiega il direttore di Confcommercio.
L’iva al 5%, un’aliquota ad hoc per la tassazione dei prodotti minori quali le piante aromatiche e prodotti dell’igiene femminile. Da gennaio 2021 faranno parte di queste anche le mascherine chirurgiche, dice Bella.
Questa iva ha un gettito di pochi milioni di euro, ma ha una sua importanza teorica. Infatti, a livello europeo, costituisce la base per l’aliquota ridotta, a cui potrebbero venire tassati servizi come gli interventi di elettricisti e idraulici, che oggi sono al 10%.
Lunghissimo l’elenco dei prodotti e servizi tassati al 10%: carne, pesce, omogeizzati, uova, yogurt, surgelati, e ancora alberghi e interventi di manutenzione come, appunto, elettricisti e idraulici, e anche viaggi in treno e aerei.
“Il gettito dell’iva al 10% è di circa 30 miliardi di euro. Se il governo decidesse di dimezzare al 5%, il costo per lo Stato sarebbe di 15 miliardi”, spiega Bella.
L’iva al 22% è quella che racchiude più servizi, e che fornisce maggior gettito: circa 74 miliardi di euro. Riducendola, dunque, le spese dello Stato lieviterebbero parecchio.