Coronavirus: fake news dalla Russia e dalla Cina

Jourova e Borrell: obiettivo di Paesi terzi di sfruttare la paura da Covid-19 per destabilizzare le società europee.

Pandemia da coronavirus in concomitanza con l’”infovirus”, cioè le fake news, le notizie false.

Durante la pandemia c’è stata una circolazione eccessiva di informazioni non sempre corrette, rendendo ai cittadini europei molto difficile orientarsi, facendo perdere la stabilità.

Fact, Credits iStockPhoto

Il vicepresidente della Commissione Ue Vera Jourova, con la delega alle Politiche sui valori e sulla trasparenza e l’Alto rappresentante per gli Affari europei e la sicurezza Josep Borrell, presentano la prima comunicazione sulla disinformazione legata al Covid-19, che denuncia l’intervento condotto da attori stranieri e da Paesi terzi, come la Russia e la Cina, con l’obiettivo di sfruttare le paure generate dal coronavirus per destabilizzare le società europee, compromettendo la fiducia nelle istituzioni e diffondere un’immagine debole dell’Unione Europea.

 

Più di 8.500 casi di disinformazione registrati al 19 maggio, di cui 494 sono relativi a teorie cospiratorie e false informazioni sul coronavirus. Numeri che mettono in evidenza l’urgenza di un intervento.

Il documento, oltre registrare numerosi casi di disinformazione online, propone delle strategie per il futuro, per un migliore coordinamento e cooperazione tra gli Stati europei, il G7, la Nato e l’Oms.

 

Per la Commissione è essenziale rafforzare la comunicazione strategica dentro e fuori l’Ue, ed utilizzare in modo più estensivo il sistema di alert rapido.

Da parte sua, cercherà di semplificare lo scambio di best practice legata alla lotta alla disinformazione.

 

E’ fondamentale anche la cooperazione con i Paesi terzi, ma specialmente con i social media. 

Fin dall’inizio della crisi, la Commissione europea ha specificato la necessità per le piattaforme online di essere responsabili e trasparenti. Hanno collaborato sponsorizzando contenuti con informazioni sicure e provenienti da fonti autorevoli, a scapito di quelli falsi, ingannevoli e fuorvianti. L’impegno, però, non finisce qui: la Commissione chiede, inoltre, una maggiore collaborazione ai social media a livello di fact checking.

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