Coronavirus, Crisanti non è d’accordo: gli asintomatici sono contagiosi

Il virologo afferma che si tratta di messaggi inopportuni, che incoraggiano comportamenti non in linea. Serve umiltà”.

Qualche giorno fa è stato emesso un documento, firmato da dieci esperti, che espone com il covid-19 ha ormai una carica virale più debole e meno contagiosa.

Tra queste firme, non appare il virologo Andrea Crisanti.

Il virologo Andrea Crisanti, Credits iStockPhoto

Infatti il professore non si ritiene d’accordo con l’iniziativa, definendola inopportuna. Il motivo?


“Invia alle persone un messaggio incoerente e incoraggia comportamenti non in linea con la strategia prudenziale adottata dal governo anche nella fase due dell’emergenza”.

Il virus ha diminuito la sua carica virale, è vero, ma manifestarlo in questo rischia di dare un “liberi tutti” quando si deve ancora fare molta attenzione: “Ci vuole umiltà, non conosciamo ancora bene il virus”, afferma Crisanti.

 

Ma anche se la carica virale sembra essere diminuita, dobbiamo guardarci un po’ attorno: solo martedì si sono diagnosticati 150mila infetti in tutto il mondo. Questo conferma come il pericolo sia ancora reale. In Cina, in Germania, in Corea e a Singapore, il virus è tornato in un non nulla, poiché ha una capacità di diffusione spaventosa, e questo non deve essere omesso mai.

 

La comunità scientifica internazionale si interroga sulla reale capacità di soggetti paucisintomatici e asintomatici di trasmettere l’infezione, ma il dottore non è d’accordo:

 

“Quando mi vengono a dire che gli asintomatici non trasmettono l’infezione, mi cadono le braccia. Ma allora, visto che i sintomatici sono sempre meno, qualcuno mi può spiegare da dove originano tutti questi nuovi contagi? Cadono dal cielo? E in ogni caso, non si possono paragonare gli asintomatici riscontrati durante il picco a quelli di oggi, che potrebbero essere tali o per una bassa carica virale o perché nel frattempo hanno sviluppato gli anticorpi”.

 

Il professore sta conducendo degli studi a Vo’Euganeo, il primo focolaio del Veneto. Da lì, si vede che l’80% dei 3.300 abitanti ha sviluppato gli anticorpi al Covid-19. 

Sessantatre casi, però, sono risultati negativi a tutte e tre le tornate di tamponi effettuate, dunque si sono infettati prima del 21 febbraio, cioè il giorno in cui sono stati diagnosticati i due casi iniziali. Tra questi, potrebbe esserci il paziente zero. Il professore e l’ospedale, si stanno occupando della ricostruzione dei movimenti, per capire come il Covid-19 sia entrato nel Paese.

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