La crisi economica morde le caviglie, ormai è appurato. Gli allarmi arrivano da più fronti (vedi Confindustria piuttosto che l’ISTAT) e la necessità di riaprire l’Italia si fa sempre più impellente.
Il Governo italiano, sinora, ha messo in campo alcune fondamentali manovre che consentano a famiglie, lavoratori e imprese di guardare avanti con più fiducia. Ma l’orizzonte, dati alla mano, potrebbe riservarci un 2020 da recessione economica senza precedenti. In Italia sì, ma anche nel resto del mondo. Lo sanno bene gli USA, scesi in campo rapidamente fin dai primi contagi epidemici.
Ma Stati Uniti e la stessa Cina (la prima a dover fronteggiare la crisi) hanno meccanismi totalmente diversi da quelli europei. Gli States, ad esempio, hanno un bilancio federale che consente alla FED (la Banca Centrale) di poter intervenire direttamente sul mercato inondandolo di liquidità (acquisti di asset – o Quantitative Easing – prima per un totale di 700 miliardi di dollari, poi per tutto il tempo necessario a sostenere il mercato). Così come il Congresso, capeggiato dal Presidente Trump, ha scelto di stilare un piano fiscale emergenziale senza precedenti: 2 mila milardi di dollari da dare immediatamente a famiglie e imprese.
Cos’è successo in Europa? La BCE (si potrebbe anche in questo caso discutere sull’iniziale sottovalutazione del problema coronavirus) ha varato un QE di 700 miliardi di Euro. E’ senz’altro un intervento monetario straordinario, ma ciò che andrà valutato col tempo è l’effettivo passaggio della liquidità dalle casse delle banche nazionali (la BCE acquisterà asset e fornirà denaro liquido agli istituti bancari) alle tasche dei cittadini. Ma l’Europa, al di là della BCE, che fa?
Bene, l’Europa è spaccata in due: i Paesi del sud, in primis Italia-Spagna, propendono per la cosiddetta mutualizzazione (condivisione) del debito attraverso l’uso di bond comunitari creati ad hoc. Dall’altro lato i Paesi del nord, capeggiati dall’Olanda (ma si vocifera che sia soprattutto la Germania a spingere in tale direzione) che vorrebbero attivare il cosiddetto MES (Fondo Salva Stati). Quest’ultimo strumento fu creato per fronteggiare crisi economiche di natura fiscale ed è basato essenzialmente su parametri macro economici dei singoli Stati. Per farla breve, se dovessimo attivarlo con gli attuali meccanismi il prestito ricevuto si dovrebbe restituire a determinate condizioni che implicherebbero un rigore dei conti pubblici che mal di addice a una situazione emergenziale come quella attuale (ricordate cosa successe con la Grecia?).
Stasera, per concludere, si giocherà probabilmente la finale: se l’Europa non dovesse trovare un accordo potrebbe rischiare seriamente di uscirne sconfitta e sconfitta vorrebbe dire venir meno ai principi che regolano i meccanismi dell’Europa unità. Ora, tirate voi le vostre conclusioni.