Nell’ultimo periodo si sono succedute notizie di ogni genere. Notizie, ovviamente, in merito alla cosiddetta “fase 2” a partire dal 4 maggio.
Abbiamo visto specchietti, abbiamo letto indiscrezioni, abbiamo sentito di tutto e di più. Poi, ieri sera, la doccia fredda: non siamo ancora pronti. Sì, perché è inutile girarci attorno: i vincoli rimossi sono pochi. Badate bene, qui non si parla della libertà individuale (importantissima per la nostra salute psico-fisica, questo è innegabile), qui si parla delle attività economiche.
Nel decreto, che troverete facilmente in rete, sono elencate tutte le attività che potranno alzare le saracinesche. Si tratta di attività importanti, ma si tratta allo stesso tempo di attività che non implicano la circolazione delle persone (se non di chi dovrà recarsi a lavoro). Per capirci: niente negozi di abbigliamento, niente bar, niente ristoranti, niente pizzerie, niente palestre, niente piscine, niente parrucchieri, niente estetisti. Ed allora viene spontaneo domandarsi: che si esce a fare se le vendite al dettaglio non ripartiranno?
Viene però da pensare che si tratti, ovviamente, di un piano studiato ad hoc. Giustamente o meno non spetta a noi dirlo. Fatto sta che quelle piccole botteghe che rappresentano il tessuto economico-sociale del nostro Paese non potranno ripartire. Dovranno attendere oltre 1 mese, 1 mese durante il quale in tanto – lo hanno già dichiarato – rischiano di andare in fallimento. Ora la parola al tempo, perché soltanto il tempo ci dirà quale sarà stata la scelta corretta.