Arriva l’App Immuni per il coronavirus. Cosa rischia chi non la scarica?

Divampano le polemiche sulla possibile obbligatorietà per tutti, rischio per la privacy

Si chiama “Immuni” l’applicazione con tecnologia bluetooth, su cui sta lavorando il Governo, che consentirebbe di avvertire nel minor tempo possibile chi è stato vicino a un positivo, in modo che si possa sottoporre ai controlli del caso con il risultato di individuare i nuovi focolai di Covid-19 con tempestività.

L’individuazione dei soggetti positivi tramite l’applicazione è un metodo che è stato utilizzato con successo in altri paesi, tra cui Singapore e Corea del Sud. Su quest’ultima il tracciamento dei contatti è stato fatto in modo ben più invasivo tramite GPS e non con il bluetooh, come intenderebbe fare l’Italia.

 

C’è però la necessità che l’applicazione sia usata dalla maggioranza della popolazione. Se la partecipazione è al di sotto del 60%, “Immuni” servirebbe a poco perché i contatti mappati sarebbero troppo pochi. Per ovviare a questo rischio, si è pensato a un modo per rendere l’app potenzialmente obbligatoria, o quasi.

 

L’ipotesi circolata era quella addirittura di limitare la libertà di movimento delle persone che non scaricheranno sul proprio telefonino l’app. In sostanza, nella fase 2 attesa a maggio l’allentamento delle misure di spostamento si applicherebbero solo alle persone che si doteranno dell’app sullo smartphone.

 

Polemiche e critiche si sono levate di fronte a queste indiscrezioni, che limiterebbero la libertà di movimento, costringendo di fatto i cittadini a scaricare l’applicazione. In tanti temono che possa essere messa a rischio la nostra privacy, anche se a pensarci bene è già abbastanza compromessa al giorno d’oggi.

 

Le ultime notizie parlano però di una retromarcia e si è smentito che si possa arrivare a limitare la libertà di movimento delle persone, in caso di non utilizzo dell’app. Per spingere gli italiani a partecipare al progetto il governo pensa quindi a una serie di attività aggiuntive per rendere l’app più appetibile.

 

Si pensa tramite l’app di costruire un filo diretto con il medico di famiglia e, previo consenso, di avere ricette e prescrizioni senza più la necessità di andare fisicamente fino al suo studio. In futuro la app potrebbe aprirsi anche alle prestazioni mediche vere e proprie, come la diagnosi a distanza.

 

“Immuni” uno degli strumenti a disposizione per limitare i rischi di una seconda ondata. Ma c’è la consapevolezza che quel 60% è un obiettivo non facile da raggiungere, per un Paese che ha un rapporto con facile con la tecnologia, avendo una popolazione molto anziana.

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